Buongiorno Avvocata,
sono un papà separato e ho una figlia di 6 anni, Carlotta. Io e la mia ex compagna abbiamo un affido condiviso e la bambina vive prevalentemente con la madre. Carlotta il prossimo anno deve frequentare la prima elementare e io e sua madre siamo in conflitto per l’ora di religione. Io vorrei che nostra figlia avesse un’educazione cattolica e frequentare l'ora di religione, mentre la madre si oppone, perché ritiene che noi genitori non dobbiamo imporre un orientamento religioso fino a quando nostra figlia non potrà compiere una scelta autonoma. Le ho fatto notare che Carlotta è stata battezzata alla nascita e ha già frequentato l’ora di religione presso la scuola dell’infanzia, ma lei sostiene che, con il cambio del ciclo scolastico, nella scuola elementare, l’insegnamento della religione diventerà più impegnativo e complesso e che non vi sono ragioni per cui nostra figlia debba avere una formazione religiosa fin dall’età di sei anni.
Insomma, non riusciamo proprio a raggiungere un accordo e sarà inevitabile rivolgerci al giudice.
Pertanto, mi chiedo e le chiedo, Avvocata, può il giudice sostituirsi ai genitori nello scegliere che tipo di educazione religiosa deve avere un bambino? Ma come farà il giudice a decidere? Avrà un peso il fatto che mia figlia passa più tempo con la madre?
Enrico
Caro Enrico,
innanzitutto, una premessa: la legge stabilisce che, in caso di affidamento condiviso, le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, alla salute e all’educazione, anche religiosa, debbano essere prese dai genitori di comune accordo e che, in caso di disaccordo, la decisione spetta al giudice.
Il giudice, quindi, può intervenire, in via del tutto eccezionale, nella vita privata di una famiglia, assumendo una decisione al posto dei genitori, che non sono stati in grado di superare le proprie divergenze ideologiche e le proprie convinzioni e di stabilire, di comune accordo, le linee educative per i figli.
In altre parole, il giudice può prendere provvedimenti che limitano la libertà religiosa dei genitori nell’interesse del figlio.
Ma lei mi chiede: sulla base di quali criteri il giudice risolve il conflitto genitoriale?
Una recentissima sentenza della Corte di Cassazione del marzo di quest’anno indica come deve procedere il giudice in casi come il suo.
La Corte ha sentenziato che la decisione non deve essere arbitraria: “la scelta del giudice deve essere indirizzatanon da personali convinzioni ma esclusivamente dal criterio-guida dell’interesse del minore”.
Il punto di partenza è l’ascolto del figlio: anche se di età inferiore ai 12 anni, il minore può comunque essere in grado di esprimere la sua opinione, eventualmente con l’intervento di uno psicologo. Con l’ascolto, il giudice può capire, per esempio, se un bambino è contento di frequentare l’ora di religione insieme alla classe, oppure come vivrebbe il tempo non impegnato in tale attività scolastica.
In questi casi, il giudice verifica quale sia l’impegno richiesto dall’iscrizione all’ora di religione e quali siano i bisogni del minore nel caso concreto sottoposto al suo esame.
Un altro criterio che deve ispirare la decisione del giudice è quello della continuità: in una fase esistenziale già caratterizzata dalle difficoltà conseguenti alla separazione dei genitori, il giudice dovrebbe preferire soluzioni che garantiscano al figlio la continuità socio-ambientale in campo scolastico, ove si svolge, per la gran parte del tempo quotidiano, la sua sfera sociale ed educativa.
Il giudice, inoltre, considera la storia del minore: nel suo caso, dovrebbe tener conto del fatto che Carlotta è stata battezzata alla nascita e ha già frequentato, per tre anni, una scuola d’infanzia che comprendeva anche l’insegnamento della religione cattolica.
Il giudice deve valutare anche lo statuto pedagogico dell’”ora di religione”, che oggi è sempre più orientato non all’adesione a un credo religioso specifico, ma allo sviluppo della spiritualità in generale e al confronto tra le varie culture religiose, tanto che qualcuno parla dell’”ora delle religioni”.
Per la Corte di Cassazione, “la crescita del multiculturalismo nelle scuole va nella direzione di un esame complessivo del fenomeno religioso, senza particolari gerarchie”, con l’obiettivo di creare le premesse per una dimensione spirituale da coltivare nei modi che poi in ciascun individuo matureranno singolarmente.
Invece, per rispondere all’ultimo dei suoi quesiti, non ha rilevanza il tempo che il figlio trascorre con l’uno o con l’altro genitore, perché si tratta di una questione che riguarda l’esercizio della responsabilità genitoriale: voi avete un affido condiviso, quindi siete sullo stesso piano, a prescindere dal fatto che Carlotta stia un po’ di più con la mamma.
In conclusione, caro Enrico, come vede, la funzione del giudice, in questi casi, è molto complessa e delicata. Non esiste una “ricetta” valida per tutti.
I genitori dovrebbero fare il possibile per evitare di delegare la decisione al giudice, che non conosce i loro figli e, quindi, non può valutare pienamente le loro inclinazioni e aspirazioni.
Forse sarebbe più facile per i genitori trovare un accordo se entrambi cercassero di vedere le cose da un altro punto di vista. Dalla parte del figlio.a.