La disciplina italiana sul cognome, nel 2022, è ancora patriarcale. Perché? Nonostante qualche anno fa, nel 2016, sia stata riconosciuta dalla Corte Costituzionale la possibilità del “doppio cognome”, i genitori non possono ancora scegliere di anteporre il cognome materno a quello paterno, né, tantomeno, omettere il cognome paterno a favore di quello materno.
C’è, invece, un automatismo di legge che privilegia gli uomini: se al momento della dichiarazione di nascita non viene specificato diversamente, si attribuisce il solo cognome paterno e, solo se entrambi i genitori sono d’accordo e lo specificano, si può registrare il doppio cognome, ma “davanti” va sempre il cognome del padre. Quando fu redatto il codice civile, negli anni ’40, l’attribuzione del cognome paterno era una consuetudine così ovvia e indiscussa che non si dovette neppure pensare di inserire una norma ad hoc. Gli unici due riferimenti sul cognome si trovano ancora all’art. 6 c.c., che recita “ogni persona ha diritto al nome che le è per legge attribuito”, e all’art. 262 c.c., che disciplina l’attribuzione del cognome per il figlio “nato fuori dal matrimonio”.
Quest’ultima norma precisa l’unica eccezione, l’unico “escamotage” per sfuggire alla regola patronimico: se il figlio “fuori dal matrimonio” è nato senza il riconoscimento iniziale del padre, è possibile lasciare, anche dopo il riconoscimento paterno, il solo cognome materno o aggiungere, senza necessariamente anteporlo, quello paterno. Questa possibilità, però, è preclusa alle coppie sposate: la presunzione di paternità del figlio nato in costanza di matrimonio, infatti, impedisce di trasmettere al figlio il solo cognome materno. Con la sentenza n. 286 del 2016, come accennato, la Corte Costituzionale ha avviato l’epoca della svolta, aprendo la strada alla possibilità di dare al figlio il doppio cognome: l’art. 262 c.c. è stato dichiarato incostituzionale nella parte nella quale non consentiva ai genitori, di comune accordo, di trasmettere al figlio, al momento della nascita, anche il cognome materno.
I Giudici delle leggi avevano rilevato come la regola italiana fosse incompatibile con i valori costituzionali dell’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi e del diritto all’identità personale del minore, meritevole di essere riconosciuto, sin dalla nascita, anche con il cognome della madre. La dichiarazione di incostituzionalità fu estesa anche alla norma che non consente ai coniugi, pur concordi in tal senso, di attribuire al figlio adottato anche il cognome materno.
Dal 2016, quindi, tutti i bimbi, nati o adottati, possono avere il doppio cognome. Ma solo in caso di accordo e solo anteponendo il cognome paterno a quello materno. Un anno fa, nel febbraio 2021, la Corte si è nuovamente pronunciata sulla legittimità costituzionale dell’art. 262 del codice civile, in tema di cognome materno, sollevata dal Tribunale di Bolzano. Una coppia aveva chiesto a questo Tribunale – dopo il rifiuto dell’Ufficiale di Stato Civile in quanto la legge italiana non lo prevede – di consentire loro di dare al proprio figlio il solo cognome della madre. Così, chiamata a decidere, la Consulta ha ribadito, in modo più ampio, l’ingiustizia della situazione e la violazione della Cedu, all’art. 14 (divieto di discriminazione) e all’art. 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare).
Non è grave il solo fatto che, anche in caso di accordo tra i genitori, non si possa trasmettere ai figli il solo cognome materno. È altrettanto grave, secondo i Giudici, che nel caso, tutt’altro che improbabile, di disaccordo tra i genitori, debba automaticamente negarsi l’attribuzione del cognome materno e imporsi solo quello paterno. La conclusione è stata l’invito al legislatore di risolvere l’attuale “guasto” del sistema normativo, che concede all’uomo la priorità nell’attribuire il proprio cognome ai figli.
Pare che l’iter legislativo sia, finalmente, iniziato. Il 15 febbraio 2022, è stato presentato in Senato un DDL da parte della Commissione Giustizia. Dopo aver premesso come l’Italia sia “indietro” nell’adeguamento della normativa in tema di cognome rispetto agli altri Paesi (nei quali “vige” il doppio cognome e la libera scelta sull’ordine), la Commissione ha indicato subito il nucleo della proposta.
Si dovrà decidere sull’introduzione dell’art. 143quater nel codice civile, il quale stabilisce che “all’atto della dichiarazione di nascita del figlio presso gli uffici di stato civile, i genitori coniugati possano attribuirgli o il cognome del padre o il cognome della madre, ovvero il cognome di entrambi, nell’ordine concordato.” E in caso di disaccordo sull’ordine, i due cognomi saranno attribuiti in ordine alfabetico. Finalmente! Speriamo che il disegno di legge vada in porto.
La questione sul diritto al cognome materno, infatti, non riguarda semplicemente il politicamente corretto. Far prevalere il cognome paterno non significa salvaguardare l’unità della famiglia, semmai, ne contraddice la garanzia e mortifica il ruolo della madre. Proprio come è mortificante sentir ancora chiamare “mammo” un papà solo perché, come dovrebbe sempre, si prende cura dei figli.