Oggi è la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne ed essendo un argomento a me caro non posso che parlare di questo e di quello che un Centro Antiviolenza fa per aiutare queste donne.
Da ormai otto anni svolgo attività di volontariato e di consulenza per lo Sportello Donna di Bresso e per il Centro Antiviolenza Venus acronimo di “Verso Nuove Strade”.. all’interno dell’Ospedale Bassini di Cinisello Balsamo, con sedi decentrate in Cologno Monzese, Sesto San Giovanni. In questo lungo percorso ha conosciuto centinaia di storie di violenza familiare, seguendo molte donne nei loro percorsi giudiziari.
Oltre a quella fisica ci sono forme di violenza subdola che feriscono anche più della violenza fisica: le parole offensive, lo svilimento, il mettere in dubbio le capacità della compagna, la richiesta di non lavorare, di non frequentare gli amici di sempre o i colleghi. Mantenere uno sguardo giudicante sulla donna da parte dell’uomo che pensa di essere in diritto di dirle quello che deve fare e come lo deve fare. Questo nasce spesso da una posizione di dominio che l’uomo introietta fin da piccolo come un suo diritto di genere.
Le donne finiscono per accettare tutte le scelte del partner su dove abitare, quali acquisti fare, se e quando andare fuori o in vacanza, come investire i propri risparmi, ecc. Fino a quando le donne sottostanno a questi condizionamenti la violenza rimane sotto traccia, una tensione costante che è già violenza, psicologica o economica, per lo più non identificata come tale. In questo periodo l’uomo violento può esplodere in ire furibonde, mentre continua a mandare alla donna messaggi di disistima, anche alla presenza di terzi, la mette in cattiva luce, sottolineando pretese sue incapacità, sbagli o altre negatività che lui manipola e ingigantisce; ad esempio, non sai far da mangiare, i bambini li seguo meglio io, ti sbagli sempre, non sai dire le cose bene, in un’unica definizione: sei un'incapace.
Qualsiasi pretesto può far scattare la violenza fisica, sempre pronta a emergere in tante occasioni, in tempi sempre più ravvicinati, un’escalation, soprattutto se le donne cominciano a far capire o dicono apertamente che non vogliono più accettare certe imposizioni. Iniziano a dire NO. Rispondono alle offese, le respingono, replicano, si difendono, si oppongono a seguire scelte imposte sempre da lui. Questo è il momento più pericoloso della relazione con un violento. Egli può rimanere sconcertato, poi cerca di recuperare la sua posizione di dominio, facendo finta di essere dispiaciuto, di voler cambiare, di tenere in conto il pensiero della compagna. Spesso la sottopone a estenuanti discussioni, soprattutto notturne, la tampina mentre lavora, facendole appostamenti o creando altre situazioni di intralcio nella sua vita ordinaria. Non demorde per tenerla a bada.
Il Coronavirus ha amplificato tutte le situazioni che ho appena esposto e ha messo più velocemente in crisi rapporti che da tempo erano segnati dalla violenza. Alcune donne hanno dovuto fare ricorso ad interventi in emergenza, poche hanno risposto alle indicazioni nazionali di rivolgersi al 1522 o al farmacista più vicino. Le donne più spesso si affidano al consiglio di un’amica o collega, persone che sentono solidali e che paiono in grado di essere forti e punto di riferimento.
Tra queste persone ci siamo anche noi donne dei Centri Antiviolenza. Le donne lo sanno, soprattutto quando hanno conosciuto altre donne che sono state in contatto con noi. Sanno che rispettiamo la loro riservatezza, l’anonimato, la segretezza del racconto della loro storia. Questo fa la differenza rispetto a contesti più istituzionali, quali i Servizi sociali, la Polizia, i centri pubblici che si occupano di violenza presso strutture ospedaliere. Ascoltiamo la storia che la donna ci porta, confrontandoci sui suoi desideri, valutando insieme le risorse per poterli realizzare.
Raccontare le violenze subite vuol dire cominciare a metterle in chiaro nella propria mente, visualizzarle e quindi riviverle. Farlo comporta dolore, a cui si uniscono la vergogna per il timore del giudizio e la paura che lo svelamento ad altri possa mettere in atto conseguenze automatiche che non si possono più fermare. Questo da noi non succede. Tutte le iniziative sono prese in condivisione con la donna nel rispetto delle sue volontà.
Uno dei momenti più difficili per la donna è quello dell’interruzione della convivenza ed è per questo che le donne non devono essere lasciate sole dopo avere fatto una denuncia o una domanda di separazione. Questo è il momento in cui nascono nella mente delle donne molti dubbi sulla loro scelta di avere interrotto il rapporto con l’uomo violento. Noi ritelefoniamo alla donna, la vediamo ancora, la accompagniamo, se lo chiede, nei momenti più salienti. Siamo al suo fianco, come potrebbe essere una persona amica, per non farla sentire sola o in balia della reazione del violento.
La violenza è un sistema di dominio che avvolge la donna come una ragnatela, da cui è molto difficile districarsi. Innanzi tutto, il violento colonizza i pensieri, attraverso il continuo lavoro fatto in precedenza convincendo la donna di essere più forte, furbo e capace rispetto a lei. L’uomo riesce a far credere di sapere tutto e di essere in grado di manipolare ogni cosa, fino al punto di poter far apparire lei come la persona violenta della coppia, quella che ha sbagliato, quella a cui toglieranno i figli, quella a cui non crederà nessuno. Tutti questi dubbi e paure rimangono presenti per molto tempo nella mente delle donne, che appena sentono da un poliziotto, giudice, assistente sociale frasi simili a quelle del violento pensano subito che aveva ragione lui: nessuno le crederà. Dare ascolto e credito alle donne in queste condizioni rende meno doloroso separarsi da una persona che hai amato, con cui hai condiviso momenti di intimità, con cui magari hai anche scelto di avere dei figli.
Il nostro intervento comincia dalla prima telefonata, poi nel colloquio di persona (che non è mancato neppure in questa fase difficile per i contatti, causa Coronavirus), non sempre finisce nell’ospitalità in Case segrete. Questa scelta arriva quando non vi sono alternative e la donna vive un pericolo concreto, verifica che facciamo fin dal primo contatto.
La libertà delle donne è uno dei fattori scatenanti di molte violenze. La possibilità che le donne abbiano un ruolo di rilievo nella società che dia loro prestigio e attività lavorative più gratificanti, dal punto di vista personale ed economico, ad alcuni uomini crea disagio. Non è facile per molti uomini accettare l’idea che la propria compagna li mantenga, o comunque abbia la possibilità di utilizzare le risorse familiari come ritiene avendo parità di forza nelle scelte da farsi. Tutto ciò che per un uomo è stato normale per secoli, diventa anormale se a farlo è una donna.
Le bambine e i bambini si possono educare al rispetto reciproco e alla possibilità di sviluppare le loro abilità, seguendo le aspirazioni personali senza limiti dati dall’appartenenza ad un sesso o ad un altro. Questo messaggio dovrebbe provenire dalla famiglia, come dalla scuola e dai diversi contesti in cui si forma l’individuo. Non si può più sentire la frase che questo o quello non lo devi fare perché sei un maschio o sei una femmina. Ciascun soggetto deve poter seguire i propri desideri, come mi è capitato di fare nella mia vita grazie a due genitori che non mi hanno posto condizionamenti in quanto donna.
Sono convinta che Cormano e tutto l’hinterland Nord Milano possano essere di supporto alle donne vittime di violenza attraverso il Centro Antiviolenza Venus e lo Sportello Donna e pertanto invito le donne che si trovano in queste situazioni a farsi forza e chiedere aiuto perché voglio ricordare loro che non sono sole!