In questo nuovo articolo scopriamo quali sono i diritti e le tutele di cui godono le mamme lavotratici sul posto di lavoro. Molte donne, purtroppo, ancora subiscono ingiustizie come il licenziamento, il demansionamento e le discriminazioni durante e/o dopo la gravidanza. Ma la normativa interviene in loro difesa.
Vediamo, dunque, come la legge protegge le mamme lavoratrici dalle violazione e permette loro di eliminare eventuali ostacoli alla loro carriera professionale.
Iniziamo analizzando l'ipotesi di
licenziamento in caso di gravidanza.
Le lavoratrici non possono essere licenziate dall’inizio del periodo di gravidanza (300 giorni prima della data presunta del parto) fino al termine del congedo di maternità e fino a 1 anno di età del bambino.
Esistono tuttavia delle eccezioni, infatti, la lavoratrice, a prescindere dal suo status, può essere licenziata per giusta causa, per cessazione dell’attività della lavoratrice, in caso di fine contratto ovvero in caso di esito negativo nel periodo di prova.
Negli stessi casi in cui vi è il divieto di licenziamento della lavoratrice, opera anche il divieto di sospensione della stessa; unica eccezione è ravvisabile nel caso di sospensione dell’attività dell’azienda o del reparto.
La lavoratrice in maternità è tutelata anche dal divieto di licenziamento in seguito a una procedura di licenziamento collettivo. Anche qui unica eccezione la sospensione dell’attività dell’azienda.
La lavoratrice madre viene, inoltre, tutelata dal
demansionamento, infatti una volta rientrata dal periodo di congedo di maternità, deve essere adibita alle ultime mansioni da lei svolte o equivalenti, nonché beneficiare di eventuali miglioramenti delle condizioni di lavoro. Il demansionamento ingiustificato costituisce una forma di discriminazione diretta di genere.
È vietata qualsiasi
discriminazione per quanto riguarda: l’accesso al lavoro, attraverso il riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia o di gravidanza, nonché di maternità o paternità, anche adottive, o in modo indiretto, attraverso meccanismi di preselezione diretta e indiretta, concernente un qualunque aspetto o condizione delle retribuzioni, per quanto riguarda un lavoro al quale è attribuito un valore uguale tra uomini e donne per qualifica, mansione e crescita. Infine per causa di matrimonio.
Nonostante l'esistenza di queste tutele a favore delle mamme lavoratrici, ancora oggi in Italia sono molte le donne che durante e dopo la gravidanza hanno subito la violazione dei propri diritti noncè subito discriminazione sul luogo di lavoro.
Veniamo ora ad alcuni esempi di situazioni che, purtroppo, spesso accadono
- Frequantemente durante i colloqui di lavoro venga chiesto alle lavoratrici se abbiano pianificato una futura gravidanza e in conseguenza ad una risposta positiva, vengano escluse dall'assunzione.
In questo caso è evidente che si abbia la violazione dell’articolo 27 del D.L. 11/04/2006 n° 198, il quale disciplina proprio il divieto di discriminazione nella fase di accesso al lavoto, alla formazione e alla promozione professionale e nelle condizioni di lavoro. In base a quanto stabilito dall’articolo 36 dello stesso decreto, il soggetto che ritiene di aver subito una lesione dei propri diritti può agire in giudizio innanzi al Giudice del Lavoro.
- Al ritorno dalla maternità una lavoratrice ha subito un demansionamento ovvero le è stata fatta pesare la maternità come periodo di riposo e “nullafacenza”.
È necessario primariamente ricordae, come detto, che il demansionamento, anche dopo il periodo di maternità, non è sempre escluso; è, infatti, lecito qualora sia frutto di un accordo con la lavoratrice per meglio andare incontro al suo interesse o qualora le mansioni a cui era adibita prima della gravidanza fossero incompatibili con la maternità successiva. Nel caso in cui non ci si trovasse in una di queste ipotesi, il demansionamento è una forma di violazione, è opportuno quindi prendere contatti con uno studio legale per farsi tutelare.
- Se alla notizia della gravidanza o al ritorno dalla maternità la lavoratrice è stata licenziata o costretta a lasciare il posto di lavoro, come detto la donna è tutelata dal licenziamento illegittimo, per poter agire in giudizio sarà necessario avere idonea certificazione medica dalla quale risulti la sua condizione fisica, all'epoca del licenziamento
- Al rientro dalla maternità la lavoratrice ha chiesto di poter ridurre il proprio orario di lavoro, passando da un full time ad un part time, ma l’azienda ha fatto numerosi problemi come se l’attivazione fosse per loro un danno.
In questo caso il datore di lavoro non può opporsi alla richiesta della lavoratrice, qualora la stessa non abbia ancora usufruito completamente del congedo parentale.
- Al rientro dalla maternità, per anni la lavoratrice non è riuscita a crescere professionalmente, al contrario dei colleghi uomini o delle colleghe senza figli.
Qualora la lavoratrice sia stato discriminata, potrà agire in giudizio per chiedere il risarcimento del danno subito.
Qualora pensiate di aver subito una discriminazione a seguito della vostra gravidanza ovvero avete subito un ingiusto licenziamento, il supporto di uno studio legale competente è fondamentale suprattutto se contattato tempestivamente in modo che possa esaminare la vostra situazione e attivarsi per tempo a tutela di quanto subito.